mercoledì 3 giugno 2020

Il rapporto tra la musica e gli affetti

"In musica non si tratta di significati, ma di gesti, e in quanto essa è linguaggio, è un linguaggio fatto di gesti solidificati, al pari della trascrizione delle note come storicamente è formata. Non si può domandare cosa essa comunichi quale proprio senso, ma il tema della musica è questo: come i gesti possano essere eternati. Dato ciò, la ricerca del senso della musica, che dovrebbe manifestarsi in un razionale riconoscimento della sua raison d'être, si dimostra illusione, trasposizione arbitraria nel regno delle intenzioni, verso il quale la musica fuorvia a causa della sua somiglianza con il linguaggio. Fin dove la musica eguaglia di fatto i linguaggi, essa si riferisce, puro nome, all'assoluta unità di cosa e segno, che nella sua immediatezza è irraggiungibile da ogni umano sapere. Negli utopistici e disperati sforzi verso il nome, consiste il legame della musica con la filosofia, alla quale proprio per questo la musica nella sua idea sta incomparabilmente più vicina di ogni altra arte. Ma nella musica il nome appare unicamente come puro suono, svincolato dalle cose, e quindi il contrario di qualsiasi significato, di qualsiasi intenzione di un senso. Ma poiché la musica non sa immediatamente il nome - l'assoluto come suono - bensì si affatica, per così dire, alla sua evocazione costruttrice per mezzo di un complesso processo, viene essa stessa intanto implicata ove valgono le categorie come razionalità, senso, significato, linguaggio. Il paradosso di ogni musica sta nello sforzo verso quell'inintenzionale per il quale è stata scelta l'impropria parola di 'nome' , soltanto in grazia della sua partecipazione alla razionalità nel senso più ampio.

Simile a una Sfinge, si fa beffe di chi la studia con l'incessante promessa di significati, che concede anche di tanto in tanto; ma questi sono ad essa, nel senso più vero, mezzi per la morte del significato, e in essi perciò la musica mai si esaurisce. Finché essa si svolgeva in un insieme di tradizioni in certo modo chiuso, come quello degli ultimi trecentocinquant'anni , l'irresolvibile che è in lei, che suggerisce ogni significato, e non ne intende propriamente nessuno, poteva rimanere nascosto. Nella tradizione era inclusa l'esistenza della musica, ed essa era data come cosa ovvia pur nelle più avvincenti e sorprendenti esperienze. Ma oggi che la musica non è più sostenuta dalla tradizione, la sua enigmaticità viene alla luce debole e indigente come un punto interrogativo e si contorce non appena le si chiede di dichiarare che cosa propriamente essa comunichi. Il nome infatti non è per nulla una comunicazione del proprio oggetto.

Cotesta manifestazione del carattere enigmatico della musica fa deviare verso la questione del suo essere, mentre intanto il processo che lo ha prodotto proibisce tale domanda. La musica non ha il proprio oggetto, non possiede il nome, ma tende ad esso e anche perciò protesa verso il proprio sfacelo. Se la musica giungesse per un istante al punto intorno a cui volteggiano i suoni, questo sarebbe il suo compimento e la sua fine. Il suo rapporto con quello che essa non vuole raffigurare, ma solo evocare, è quindi infinitamente mediato. Il nome medesimo è ad essa così poco presente, come ai linguaggi umani, e quelle Teodicee della musica che la presentano come un'apparizione del divino, e che hanno ancor oggi tanta fortuna, sono bestemmie, perché attribuiscono alla musica la dignità della Rivelazione, mentre essa come arte non è altro che la forma di preghiera serbata nella secolarizzazione, forma che per poter sopravvivere si vieta il proprio oggetto, rimettendolo al pensiero."

La musica evoca significati ma non giunge mai al significato e non si esaurisce mai in essi; volteggia attorno al nome ma ove lo raggiungesse si trasformerebbe in linguaggio e andrebbe incontro alla sua rovina in quanto musica. Questo tormentato rapporto con il linguaggio è forse proprio una delle caratteristiche più dense e ambigue della musica stessa. E la storia stessa della musica lo dimostra ampiamente: infatti nella prassi comune, dalla Grecia antica ai nostri giorni, il rapporto della musica con la letteratura e con la poesia è sempre stato altamente tormentato e sempre discusso e problematizzato.

Riferimenti bibliografici:
Adorno, Del presente rapporto tra filosofia e musica, in 'Archivio di Filosofia', 1953, pp. 34-35
http://users.unimi.it/gpiana/dm6/dm6mafef.htm
Intorno alla musica, Enrico Fubini

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