mercoledì 8 aprile 2020

Il suono: rumore infernale, canto, espressione divina-STEP#07

Come usa Dante il suono nella sua Divina Commedia?
Egli usa sapientemente le parole, alternando momenti di silenzio ad altri pieni di suoni e fragori, per sottolineare stati d’animo e sensazioni precisi e passaggi specifici del suo viaggio nel mondo dell’oltretomba.

Hieronymus Bosch, La visione del Tnugal, XV secolo

Inferno, silenzio e lamenti

canto III, 22-30
"Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l'aere senza stelle,
per ch'io al cominciar ne lagrimai.

Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d'ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle

facevano un tumulto, il qual s'aggira
sempre in quell'aura senza tempo tinta,
come la rena quanto turba spira."

Dante appena entrato nel regno dei morti ode subito, nelle tenebre, un clamore infernale, un misto di gemiti, bestemmie, imprecazioni, battiti di mani, a tal punto da essere indotto al pianto.
I suoni elencati sono emessi da corpi umani: ma il loro accumulo è dis-umano, straniante.
E' il paesaggio sonoro, prima ancora di quello visivo, a infondere nel protagonista i sentimenti di paura, pietà, sconcerto, stupore, sofferenza che caratterizzano il viaggio attraverso la conoscenza del male.

Purgatorio, musica e canto

canto VIII, 13-18
"Te lucis ante sì devotamente
le uscì di bocca e con sì dolci note,
che fece me a me uscir di mente;

e l'altre poi dolcemente e devote
seguitar lei per tutto l'inno intero,
avendo li occhi a le superne rote."
Domenico di Michelino, Ritratto di Dante Alighieri, la città di Firenze e l'allegoria della Divina Commedia, 1465

In questo canto Dante è attratto dall'atteggiamento di preghiera assunto da una delle anime della valletta, che intona, seguita da altre, l'inno Te lucis ante guardando fissamente  verso oriente.
Il canto è sintatticamente circoscritto nei versi scritti sopra, che racchiudono le sue componenti di devozione e dolcezza. Le parole "mente" e "dolcemente" riproducono la musicalità anche all'interno del verso, con un effetto a eco che rimanda ai solenni cori echeggianti per le alte volte delle medievali cattedrali gotiche.
I rituali liturgici, in particolare la musica, caratterizzano l'intero regno del Purgatorio, essi infatti rappresentavano per l’uomo del Medioevo un incontro tra filosofia e teologia. La teoria musicale veniva vista come applicazione dell’ordine numerico su cui l’intero cosmo era fondato, mentre il canto era eco dei cori angelici in lode del Creatore. La musica vocale umana rappresentava l’imitazione del canto angelico, superiore alla dimensione temporale e udibile solo attraverso l’"orecchio del cuore".

Dante e Beatrice contemplano l'Empireo, incisione di Gustave Doré
Paradiso, armonia celeste

canto I, 76-84
"Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l'armonia che temperi e discerni,

parvemi tanto allor del cielo acceso
de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
lago non fece alcun tanto disteso.

La novità del suono e 'l grande lume
di lor cagion m'accesero un disio
mai non sentito di cotanto acume."

In questo canto Dante sale nell'ultimo regno grazie all'aiuto di Beatrice. Mentre sale verso i cieli ode per la prima volta la straordinaria armonia derivante dal loro movimento rotatorio.
Questa è la musica celeste, espressione di un ordine armonico che presiede all'intero universo, nel quale Dio costituisce il principio causale e finale, ed è un ordine perfetto che si contrappone al disordine morale e politico che affligge il mondo della storia, dell'uomo. La musica presente nel Paradiso è infatti polifonica, le voci si rincorrono, si alternano, si riuniscono; il significato è secondario a fronte della fantasmagorica combinazione di suono/luce/movimento.

Riferimenti bibliografici:
Dante Alighieri, La divina commedia, nuova edizione integrale a cura di Alessandro Marchi, Pearson
https://air.unimi.it/retrieve/handle/2434/165119/163010/Suoni

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